Soumahoro: un giudizio politico

La vicenda di Aboubakar Soumahoro è nota alle stampe e non ci preoccuperemo di ripercorrere le tappe di una vicenda prima giudiziaria e poi mediatica che è ben lontana dal concludersi. Questa non è una testata giornalistica e noi ci occupiamo di fare considerazioni politiche, non cronaca.

Per quanto possa sembrare sorprendente per alcuni, la nostra analisi politica non sarà sulla persona di Soumahoro e questo per due motivi. Il primo motivo è che, almeno in linea di principio, non si può dire nulla di critico a qualcuno che da un lato, non si è approfittato della propria posizione per accaparrarsi un titolo di studio regalato (del suo 1110/110 come voto di Laurea in Sociologia presso l’Università Federico II è meritato ogni centodecimo) e che, dall’altro lato, ha fatto della lotta al caporalato, della legalità e della difesa di immigrati e oppressi dei capisaldi della propria azione politica. Qualunque opinione politica civilmente ispirata non può non porre dei temi del genere all’interno della propria agenda. Poco conta che le soluzioni dell’ex sindacalista di origini ivoriane siano in larga parte diverse dalle proposte liberali: questo è tema per altri articoli.
Il secondo motivo per cui la nostra analisi politica non verte su un giudizio della figura politica di Aboubakar è tanto semplice quanto importante: a essere indagato dalla procura di Latina per peculato e evasione non è il parlamentare ma la moglie Liliane Murekatete, oltre che suocera e cognato. Certo, nulla esclude che l’ex sindacalista possa essere stato ignaro della condotta dei familiari, sempre che essa venga riconosciuta come delinquenziale in sede giudiziaria.

Al di là della figura molto caratteristica di Soumahoro&family, che viene difficile non accostare al parterre dei personaggi di una qualunque commedia all’italiana degli anni ’70, con le molte esternazioni fuori luogo sui vari media e le performance emotive al limite della sceneggiata, torna molto più stimolante riflettere sulle reazioni della stampa e delle forze politiche. In particolare, troviamo interessante la ricezione del caso da parte delle testate giornalistiche legate alle forze di destra al governo e da parte di Alleanza Verdi e Sinistra, forza politica con cui Soumahoro si è presentato alle ultime elezioni.

Alleanza Verdi e Sinistra, forza capitanata da Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni, ha sostenuto che la autosospensione di Aboubakar Soumahoro dal gruppo parlamentare in cui stato eletto sia stata un atto non dovuto e che si sia trattato di una scelta presa in totale autonomia da parte del deputato di origini ivoriane. Suggerirebbero però il contrario sia la tempestività della autosospensione, risalente al 24 novembre e cioè un giorno dopo la diffusione della notizia delle indagini a opera dei principali media del Paese, sia l’insistenza del comunicato di Alleanza Verdi e Sinistra sul fatto che l’autosospensione serva perché l’autodifesa di Soumahoro avvenga nella massima libertà (senza cioè una pressione e delle costrizioni? E da parte di chi o che cosa?). La malattia del giustizialismo, l’incoronazione del potere giudiziario a potere dei poteri, a divinità oscura a cui tributare sacrifici umani per saziarne la sete di sangue e non riversarla su di sé e sui propri uomini, ereditata da Tangentopoli e dalla cattiva gestione delle disfunzionalità del sistema politico da parte della classe dirigente italiana del tempo.

A causa di questa anomala perversione culturale italiana, non sorprende l’unanime levata di scudi dei giornali e degli altri media storicamente prossimi alle sinistre parlamentari a difesa di Alleanza Verdi e Sinistra. Né può sorprendere chiunque sappia un po’ di politica e storia recente d’Italia la denigrazione condotta da tali media nei confronti di Soumahoro e compagni, dipinti, a indagini ancora in atto, come la summa di tutti i mali politici e morali di una sinistra altrimenti pura e intonsa.

A fare specie è invece la attivazione di una potente macchina del fango a opera dei media amichevoli verso le forze di destra attualmente al governo. La destra si è sempre mostrata molto garantista in Italia, complice anche la difficile situazione giudiziaria del suo capo storico, Silvio Berlusconi. La mutazione genetica di una destra sempre più divisa, sempre più regressiva e sempre più bigotta fa sì che il germe del giustizialismo abbia penetrato uno spazio politico ancor più ampio di quello usuale. Spalare fango giustizialista sull’avversario politico, colpevole di avere al suo interno non innocenti fino a prova contraria ma colpevoli fino a prova contraria, come da norma nei processi dell’Inquisizione a carico di streghe ed eretici, è diventato parte dell’uso comune anche a destra. Destra dove non è infrequente che i leader si beino (con discrezione, ma si beino) l’uno delle vicende processuali dell’altro.

Al dato politico, si aggiunge un dato civile: quando le testate giornalistiche vicine alle destre si avvalgono del giustizialismo politico nei confronti di esponenti della sinistra, rientrano nella dinamica che fa delle destre la sede della delinquenza e delle malefatte. Il sottinteso del nuovo giustizialismo benaltrista della destra è: “Sarà pur vero che tra noi ci sono stati dei malandrini ma altrove la situazione non è affatto migliore. Alla fin fine, tutti coloro che fanno politica sono ladri”. Questo sottotesto, che purtroppo rispecchia il pregiudizio di tanta parte della popolazione (quel che fa male, molti giovani), aiuterà sì a vendere qualche copia e qualche click in più ma certamente non può che lasciare inorridite le migliaia di persone rispettabili che fanno politica e si impegnano per il bene comune, al di là della fede politica di appartenenza. In questo novero rientriamo anche noi di Liberi, in quanto giovani e fautori di una liberaldemocrazia avanzata, fuori dalle logiche del moralismo becero e a favore della verità e della libertà.

Auguriamo buon lavoro alla procura di Latina, ai giudici e ai difensori della famiglia di Aboubakar Soumahoro, affinché la verità emerga e giustizia (quella vera però, quella dei padri dell’Illuminismo) sia fatta.

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