Il 12 giugno 2022, in Italia, si sono tenuti i Referendum che hanno affrontato la questione dell’abrogazione di alcune norme riguardanti il funzionamento del sistema giudiziario italiano. Uno dei quesiti posti agli elettori riguardava la separazione delle carriere dei magistrati. Nonostante una partecipazione alle urne
particolarmente bassa, del 20,9%, il quesito sulla separazione delle carriere ha ottenuto un notevole successo.
Ma in che modo le carriere giudiziarie sono strutturate in Italia al giorno d’oggi?
Attualmente in Italia, i magistrati giudicanti e i magistrati requirenti condividono la stessa carriera, passando attraverso un unico processo di selezione tramite concorso e sono soggetti, per quanto riguarda i provvedimenti e i trasferimenti, al Consiglio Superiore della Magistratura (CSM). Questo sistema ha
consentito ai magistrati di passare agevolmente da ruoli giudicanti a ruoli di accusa e viceversa, creando una potenziale ambiguità di ruoli e sollevando dubbi sull’imparzialità.
Questo elemento è in contrasto con il modello accusatorio introdotto in Italia nel 1989 con la riforma del codice di procedura penale, basato sul principio di parità tra le parti coinvolte nel processo. Di conseguenza, non è coerente con il sistema che pone la magistratura requirente come facente parte dello stesso ordine della magistratura giudicante. Inoltre, l’art. 111 della Costituzione Italiana stabilisce chiaramente che il giudice deve essere non solo imparziale ma anche terzo.
Cosa si potrebbe migliorare e risolvere attraverso la separazione delle carriere?
La separazione delle carriere è un mezzo per ristabilire l’equilibrio nel sistema giudiziario italiano. Eliminando le sovrapposizioni tra chi giudica e chi accusa si mira a garantire maggiore imparzialità nei procedimenti giudiziari e maggiore chiarezza nei ruoli. L’avvocato Francesco Petrelli, già segretario dell’UCPI, ha spiegato che il problema del sistema processuale italiano è che il giudice anziché essere terzo, come previsto dalla Costituzione, sembra indossare la maglia di una delle due squadre in campo. Questa organizzazione del processo penale costituisce un’anomalia che distingue l’Italia dagli altri paesi europei, in
cui in un modo o nell’altro, le carriere di chi giudica e di chi accusa sono nettamente separate. Il confronto con altri sistemi giuridici europei mette in evidenza la necessità di un cambiamento.
Esempi europei
In Germania, la separazione delle carriere è netta, non è presente un Consiglio Superiore della Magistratura. Il giudice è previsto dalla Costituzione e gode di giurisdizione indipendente e soggetta soltanto alla legge, mentre la pubblica accusa è gerarchicamente sottoposta al Ministero della Giustizia.
In Francia, nonostante ci sia una carriera unica tra chi accusa e chi giudica, il CSM è composto da membri laici e membri togati, inoltre, il pubblico ministero è subordinato all’esecutivo.
Infine, uno dei sistemi giudiziari che si avvicina maggiormente all’idea italiana di separazione tra le carriere dei giudici e quella del pubblico ministero è il sistema portoghese. Questo stabilisce la presenza di due Consigli Superiori della Magistratura, garantendo così la separazione organica tra la carriera dei giudici e quella del pubblico ministero.
Separazione delle carriere in Italia
Nell’ultimo disegno di legge costituzionale presentato, si propone l’istituzione di due distinti organi di governo della magistratura: uno dedicato alla magistratura giudicante e l’altro alla magistratura requirente. Questi organi opererebbero in totale autonomia, senza subordinazione al potere esecutivo. Questo significa che i pubblici ministeri manterrebbero lo status di magistrati e godrebbero delle garanzie di autonomia e indipendenza proprie dei magistrati, ma apparterrebbero ad un ordine giudiziario separato da quello dei giudici. I magistrati verrebbero nominati attraverso concorsi separati, a seconda della loro carriera.
Per quanto riguarda il Consiglio superiore della magistratura giudicante, i componenti di diritto sarebbero il Presidente della Repubblica e il primo presidente della Corte di cassazione. Gli altri membri andrebbero selezionati, metà tra i giudici ordinari e l’altra metà dal Parlamento in seduta comune, tra professori
ordinari in materie giuridiche e avvocati con almeno quindici anni di esercizio della professione.
Per il Consiglio superiore della magistratura requirente, i componenti di diritto sarebbero il Presidente della Repubblica e il procuratore generale della Corte di cassazione. La parte rimanente verrebbe delineata con le stesse proporzioni del Consiglio superiore della magistratura giudicante, con l’eccezione che la
componente togata sarebbe selezionati tra i pubblici ministeri ordinari.
Per concludere, già Giovanni Falcone, in un’intervista del 1991, sottolineò l’importanza di un sistema accusatorio in cui il pubblico ministero avrebbe dovuto raccogliere ed organizzare le prove per rappresentare una parte nel dibattito. Questo richiederebbe esperienza, competenza e preparazione
tecnica. Inoltre, enfatizzò che nel dibattito il pubblico ministero non dovrebbe avere alcuna parentela con il giudice e non dovrebbe agire come una sorta di “para giudice”. Al contrario, il giudice dovrebbe essere una figura neutrale e al di sopra delle parti; criticò il fatto che, a causa delle carriere unificate e delle
intercambiabili destinazioni, giudici e pubblici ministeri spesso diventino indistinguibili gli uni dagli altri. Ed infine, sostenne la necessità di differenziare strutturalmente le competenze e le carriere tra queste due figure.
Oggi l’Italia deve guardare alle parole di Falcone e agli esempi europei per tracciare il suo percorso verso un sistema giudiziario più trasparente ed equo. Questo rappresenterebbe il completamento logico e cronologico del percorso iniziato nel 1989 con il Codice Vassalli e proseguito 10 anni dopo con la riforma dell’art. 111 della Costituzione. Manca l’ultimo passo, e si spera che il Parlamento non si lasci sfuggire questa occasione.