Il bisogno di un polo liberal-democratico

La crisi pandemica da Covid-19 ci ha dimostrato quanto la nostra classe dirigente sia di fatto impreparata ad affrontare le grandi sfide della politica. Le grandi questioni
del nostro Paese (pensioni, spesa pubblica, tassazione, debito, ecc.) non sono nate a causa della crisi, ma sono state da essa accelerate e rese ancora più urgenti. Ed ai gravi problemi economici del nostro Paese, si sono poi aggiunte le tensioni sociali: prima contro la quarantena, poi contro i vaccini, infine contro il green pass; tutti sentimenti cavalcati e ravvivati dai comportamenti ambigui di una certa destra. Da sinistra il clima non è migliore, trovandoci davanti a proposte di “chiusurismo” oltranzista, anche davanti al miglioramento dei dati pandemici.
Una situazione tendente al bipolarismo ideologico su questioni che meritavano (e meritano tuttora) pragmatismo e lucidità. Il clima di scontro politico-ideologico è giunto alla saturazione davanti alla sfida del PNRR: non davanti alla sua attuazione, ma davanti la sua semplice stesura e presentazione a Bruxelles. Un treno che, se perso, avrebbe consegnato l’Italia al suo definitivo declino economico.
La svolta ci è stata offerta dal Governo Draghi, che ha raccolto sotto di sé una larghissima maggioranza, fatta però non solo da sostenitori convinti, ma anche da approfittatori, che pensano di poter fare opposizione al Governo stando nello stesso, per poi farsi carico dei successi conseguiti.
Fortunatamente il Governo Draghi non segue logiche di consenso che tanto affannano la nostra classe politica, costretta a spartirsi le briciole delle questioni non inerenti la pandemia. Eppure, rimane il politico più apprezzato dagli italiani (66,3%, dati Tecnè del 13 Settembre 2021). Ma non solo in Italia: Draghi è apprezzato anche in Unione Europea. E la sua presenza tra i grandi leader europei non può che farci sperare in una presenza più attiva dell’Italia sullo scenario dell’Unione.
Ci troviamo infatti in una fase delicatissima: il Regno Unito ha da poco attuato la Brexit, la Germania (e gli europeisti tutti) saluta Angela Merkel, la Francia si prepara ad affrontare le elezioni, che per ora pongono Macron in una posizione di vantaggio nel primo turno. Il vuoto lasciato dalla cancelliera Merkel potrebbe essere riempito dal presidente Draghi, e quindi dall’Italia, con l’impulso di una maggiore cooperazione tra Roma e Parigi.
Ma si sa, in Italia è sempre tempo di campagna elettorale. E per quanto le forze sane del Paese sperino che la fine del governo Draghi coincida con la fine della legislatura, c’è da aspettarsi il peggio. Siamo disposti a tornare in un’ottica bipolare che contrappone una destra sovranista ed una sinistra immobile? Eppure, un’alternativa c’è. Un’alternativa che possa raccogliere l’eredità di Draghi, che possa porsi in continuità con le riforme applicate dall’attuale governo.
L’alternativa è la formazione di un polo che raccolga le forze liberali, democratiche, popolari e moderate, che costruisca una classe politica nuova, in opposizione a quella attuale,
dimostratasi inadeguata ad affrontare sia eventi straordinari che quelli ordinari. È necessario un polo liberal-democratico che sappia coniugare pragmatismo e serietà nell’affrontare temi economici, sociali e politici che richiedono soluzioni complesse
ed elaborate, ma soprattutto pensate per le prossime generazioni.
Non è un’utopia le recenti elezioni amministrative ce lo hanno dimostrato: Calenda da solo ha ottenuto il 19,8% dei voti, ossia la lista più votata della capitale; a dimostrazione che con serietà e vero dialogo con i cittadini è possibile avere un peso politico non indifferente, senza dover ricorrere a promesse irrealizzabili. Occorre superare personalismi e faziosità partitiche per costruire un’alternativa valida, capace di imporsi sullo scenario politico e di fronteggiare i grandi partiti, per dettare la linea di una nuova strada moderata e popolare, opposta a quella polarizzata e polarizzante su cui ci troviamo. Un polo liberal-democratico sarebbe capace di raccogliere le aspettative politiche soprattutto dei giovani penalizzati già dalla scuole (con programmi e modalità ormai datate) ed ancor di più nel mondo del lavoro, trovandosi in uno Stato dalla burocrazia infinita e con costi troppo elevati rispetto al resto dell’Unione Europea, disincentivando l’apertura di nuove realtà imprenditoriali (il costo si aggira intorno al 13,8% del reddito pro capite. In Germania il costo per aprire un’impresa è circa la metà, in Spagna è tre volte meno; dati: World Bank, Doing Business Report 2020*). Un polo liberal-democratico dovrebbe avere come compito la riscoperta dell’identità europea del nostro Paese, messa a dura prova dal sovranismo e dal populismo che hanno investito lo scenario politico, ricordando ai cittadini quanto l’essere italiani significhi anche essere europei; abbracciare l’identità europea significa farci carico della responsabilità che abbiamo come Paese fondatore e rientrare nell’alveo della famiglia europea, che richiede in questo tempo difficile la massima cooperazione.

L’Italia ha bisogno di un polo liberal-democratico, ma il tempo stringe e bisogna iniziare a costruirlo da ora.
Noi di Appello LibeDem ci siamo!

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