Il 30 giugno, la quasi totalità dell’opposizione ha depositato un DDL per l’introduzione di un salario minimo lordo di 9 € lordi all’ora, sotto l’impulso della direttiva europea dell’autunno del 2022 che stabiliva una serie di criteri per garantire salari adeguati ai lavoratori europei.
Nello specifico, i partiti favorevoli già avevano incluso nei propri programmi elettorali l’idea di un salario minimo, inclusa Italia Viva che però ha deciso di astenersi, ritenendola non efficace nel suo obiettivo di risolvere il problema cronico dei salari bassi.
La diatriba politica verte principalmente sul livello della retribuzione oraria che, così come proposta, risulterebbe essere una delle più elevate al mondo. A ciò si aggiunge il fatto che il livello minimo delle retribuzioni dei lavoratori italiani è per lo più stipulato secondo i termini dei contratti collettivi, sebbene non tutti. Per quest’ultima tipologia di lavoratori, ci si dovrebbe interrogare sulla vera efficacia o meno di una proposta come quella del salario minimo.
PD e M5S sostengono la proposta, ma non sono d’accordo sul livello minimo dei 9€ lorda a ora. Azione, tramite l’account Twitter di Carlo Calenda, propone di non indicizzare la misura all’aumento dell’inflazione e, accanto a ciò, istituire un comitato di aggiornamento tecnico tra datori di lavoro e rappresentanti dei sindacati.
Tuttavia, le varie proposte si scontrano con i soliti problemi del mercato del lavoro italiano, che da trent’anni rendono l’Italia l’unico dei paesi OCSE a riscontrare un calo delle retribuzioni medie lordi annue. Uno dei problemi principali è di certo la bassa produttività che caratterizza ampi strati dell’economia italiana. Settori come la ristorazione, la logistica e l’assistenza alla persone dove sono concentrati 800 mila lavoratori con una retribuzione al di sotto della soglia dei 9 € lordi orari e soggetti a contratti definiti “pirata”, ovvero contratti lavorativi stipulati al ribasso da sindacati minori che fanno concorrenza a quelli storici come CGIL e CISL. Inoltre, si deve tenere in conto che il costo del lavoro in Italia è uno dei più elevati in Europa, di conseguenza il salario minimo andrebbe a penalizzare ancor di più la condizione dei lavoratori.
Quindi, perché il salario a 9€/h è considerato troppo alto? Come anticipato in precedenza, l’UE ha introdotto delle direttive su come attuare il salario minimo; queste direttive suggeriscono che il salario minimo non debba rappresentare oltre il 60% del salario mediano, e il 50% del salario medio. Ma da dove derivano questi valori? Per capirlo bisogna ricercare la teoria economica del salario minimo, dove è nata e in quali nazioni è stata applicata.
La teoria economica del salario minimo prevede generalmente due prerequisiti fondamentali, un rapporto salario minimo/salario mediano non superiore al 60% e un rapporto salario minimo/salario medio non superiore al 50%.[1]
Ma perché la teoria suggerisce che non bisogna superare questa soglia?
La teoria del salario minimo venne applicata per la prima volta nelle colonie britanniche oceaniche. Da lì l’idea raggiunse gli USA, dove negli anni dieci del ‘900 il salario minimo venne adottato in svariati Stati, in particolare per coprire le donne lavoratrici. Un’analisi svolta nel 1921 dal professor W.M.W Splawn, analizzò le 3 principali conseguenze di queste misure:
-Un aumento del salario mediano di circa 5$ settimanali;
-Una diminuzione del salario per chi già percepiva una somma più elevata della soglia minima;
-Uno spostamento delle attività imprenditoriali verso Stati dove non è presente il salario minimo.
Un altro esempio di salario minimo più recente è quello del Regno Unito, il quale aveva un NLW (National Living Wage) fissato a 8.21£ all’ora nel 2019, ovvero il 58,9% del salario mediano. Oggi si sta ipotizzando ad un innalzamento al 60% ed i dati suggeriscono che il NLW coprirebbe i salari di circa l’8% dei lavoratori.
Come detto in precedenza, la teoria economica suggerisce che il salario minimo debba attestarsi non oltre il 60% del salario mediano. Uno studio dell’università del Massachusetts ha riscontrato che un lieve innalzamento del salario minimo oltre questa soglia porterebbe a un effetto negativo sui diritti dei lavoratori, ad esempio sulle ferie pagate e sul ricambio di personale, mentre un innalzamento più significativo oltre la soglia porterebbe a un effetto negativo sull’occupazione, ovvero un aumento di disoccupazione, non essendo più le aziende in grado di sostenere i costi del lavoro.
Queste analisi sono confermate dalla situazione economica della Colombia, dove il salario minimo raggiunge il 90% del salario mediano. In Colombia i lavoratori si spostano verso il lavoro nero, dove vi è una maggiore elasticità, tanto che, dei 22 milioni di lavoratori colombiani, ben il 58% lavora in nero. Un altro effetto è quello della perdita di lavoro: in Colombia nel 2023 sono diminuiti dello 0,4% i posti di lavoro già esistenti e sono diminuiti dello 0,6% i nuovi posti di lavoro.
In conclusione, è il salario minimo completamente inutile? No, nonostante i contratti non coperti dai CCNL siamo decisamente esigui, un allargamento della copertura potrebbe portare dei benefici a questi lavoratori.
Sono 9/h adeguati? No, 9/h sforerebbero di circa il 15% il valore ottimale del salario minimo, il quale, considerato il mercato del lavoro e la mediana salariale, dovrebbe attestarsi intorno ai 7/h.
[1] Il salario medio si calcola con la media aritmetica, il salario mediano il valore che occupa la posizione centrale nell’insieme di tutti i salari